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Twitter e il ruolo cruciale nella crisi della Silicon Valley Bank: un’analisi del fenomeno

SVB: Silicon Valley Bank

In un mondo sempre più connesso e digitalizzato, l’evento che ha colpito la Silicon Valley Bank (SVB) mette in luce come i social media possano influenzare la stabilità delle istituzioni finanziarie. Il rapido ritiro dei fondi da parte di aziende e investitori, preoccupati per la solvibilità della banca, ha avuto origine dalla diffusione di notizie e commenti su Twitter.

Può bastare un tweet?

Il 12 marzo 2023, l’imprenditore Kim Dotcom ha postato un tweet che ha raggiunto 2,4 milioni di persone e ottenuto quasi 3.500 retweet, innescando una corsa agli sportelli digitale. Il messaggio esortava a ritirare i propri soldi dalle banche statunitensi a causa di un presunto imminente crollo del mercato e possibili limiti di prelievo.

 

 

che tradotto velocemente significa…

Corri in banca! ????????‍♀️Ritira i tuoi soldi.
Fallo come prima cosa lunedì.
Le banche americane sono nei guai.
Riunione di emergenza della FED.
I depositi possono essere bloccati.
Possibili limiti di prelievo.

Quando i mercati crollano, i tuoi depositi bancari che le banche statunitensi utilizzano per investire potrebbero essere in pericolo. Il denaro è re. Esci adesso!

Il terrore corre…sul network

Le discussioni online, amplificate dai social media, hanno rafforzato le voci offline all’interno della comunità tecnologica californiana, contribuendo a diffondere il panico. Andres Vinelli, capo economista al CFA Institute, ha dichiarato a CBS MoneyWatch che il fenomeno si è sviluppato in meno di 48 ore grazie a una serie di informazioni condivise tramite Slack, WhatsApp, messaggi di testo ed email.

L’era digitale ha semplificato il processo di trasferimento di denaro tra banche attraverso l’uso di smartphone, aumentando il potenziale per azioni dannose in caso di panico collettivo.

Charlotte Principato, analista di servizi finanziari per Morning Consult, ha sottolineato come Twitter abbia “alimentato il fuoco” e accelerato la crisi della SVB.

E infatti, il caso della Silicon Valley Bank evidenzia come la combinazione di social media e tecnologia finanziaria renda le banche più vulnerabili alle crisi rispetto a un decennio fa. Vinelli sostiene anzi che questi due fattori potrebbero avere un impatto significativo sul mondo bancario.

Servirebbe un normativa ammodernata

Eugene Ludwig, ex Comtroller of the Currency e CEO di Ludwig Advisors, ha suggerito a CBS MoneyWatch che l’episodio potrebbe indicare la necessità di introdurre normative bancarie più rigide nell’era digitale. I media, infatti, giocano un ruolo centrale nelle nostre vite, rendendo più facile innescare una corsa agli sportelli con un semplice messaggio sullo schermo di uno smartphone.

Questo caso è stato un campanello d’allarme per il settore bancario, che a questo punto deve prenderne coscienza e trovare soluzioni efficaci per affrontare le sfide poste dal progresso tecnologico e dall’interconnessione globale, al fine di garantire stabilità e sicurezza ai clienti.

C’è un generale problema di comunicazione istituzionale. E non solo. Servono quindi stumenti per prevenire il rischio che la diffusione di informazioni errate sui social media possano portare al fallimento di una banca. Anzi, il sistema bancario dovrebbe adottare e sviluppare diverse strategie che coinvolgano sia le istituzioni finanziarie che i regolatori:

  1. Comunicazione proattiva e trasparente: Le banche dovrebbero informare regolarmente i clienti sulla loro situazione finanziaria e sulle politiche adottate per garantire la solvibilità e la stabilità. Questa comunicazione chiara e trasparente può contribuire a rafforzare la fiducia dei clienti e a mitigare il panico in caso di disinformazione.
  2. Monitoraggio dei social media: Le banche dovrebbero monitorare costantemente i social media e le piattaforme di comunicazione per individuare tempestivamente eventuali segnali di panico o disinformazione. In caso di situazioni potenzialmente dannose, dovrebbero intervenire rapidamente per rettificare le informazioni errate e rassicurare i clienti.
  3. Piani di contingenza: Le istituzioni finanziarie dovrebbero sviluppare e implementare piani di contingenza per far fronte a possibili situazioni di crisi innescate dai social media o da altri canali di comunicazione. Questi piani dovrebbero includere procedure per la gestione delle comunicazioni di crisi e per il coordinamento con altri attori del settore finanziario e con i regolatori.
  4. Educazione finanziaria: Promuovere l’educazione finanziaria tra i clienti e il pubblico in generale può contribuire a ridurre la vulnerabilità alle notizie false e alle manipolazioni. Le persone con una maggiore comprensione del sistema bancario e dei meccanismi finanziari saranno meno inclini a cedere al panico in caso di disinformazione.
  5. Regolamentazione e collaborazione con i regolatori: I regolatori dovrebbero lavorare a stretto contatto con le banche per sviluppare normative adeguate all’era digitale. Questo può includere l’introduzione di meccanismi di monitoraggio e controllo delle comunicazioni sui social media, nonché l’adozione di norme più rigorose in materia di solvibilità e liquidità delle banche.
  6. Cooperazione tra banche: Le banche dovrebbero collaborare tra loro e con le autorità per affrontare le sfide poste dalla diffusione di informazioni errate e dal panico finanziario. Questa cooperazione può includere la condivisione di buone pratiche, la creazione di meccanismi di supporto reciproco e la partecipazione a esercitazioni di gestione delle crisi.

Tutte attività di comune buon senso, che tuttavia le banche sembrano generalmente ignorare. Troppe istituzioni finanziarie ancora oggi preferiscono comunicazioni “imbellettate” o più controllate per mantenere un’immagine positiva e rassicurante nei confronti dei clienti e degli investitori. Tuttavia, questa strategia finisce per essere controproducente, dacché la mancanza di trasparenza e una comunicazione non efficace finiscono per minare la fiducia dei clienti a lungo termine. Come si è visto in questo caso.

 

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Quali le possibile strategie?

Le banche dovrebbero riconoscere l’importanza di sviluppare strategie di comunicazione efficaci, che siano trasparenti, tempestive e accurate. Una comunicazione aperta e onesta è fondamentale per instaurare la fiducia e la credibilità con i clienti, gli investitori e i regolatori. Inoltre, in un’era in cui le notizie e le informazioni si diffondono rapidamente attraverso i social media e altre piattaforme digitali, è ancora più importante per le banche essere proattive e responsabili nella gestione della comunicazione. Bisognerebbe quindi:

  1. Coinvolgere i diversi stakeholder: Le banche dovrebbero coinvolgere tutte le parti interessate, incluse direzioni, dipendenti, clienti, investitori e regolatori, nel processo di comunicazione per garantire che le informazioni siano coerenti e pertinenti.
  2. Utilizzare diversi canali di comunicazione: Le banche dovrebbero utilizzare una combinazione di canali di comunicazione, sia tradizionali che digitali, per raggiungere il più ampio pubblico possibile e assicurarsi che il messaggio venga trasmesso in modo chiaro ed efficace.
  3. Essere trasparenti e onesti: Le banche dovrebbero fornire informazioni accurate, complete e tempestive, anche quando le notizie non sono positive. La trasparenza e l’onestà contribuiscono a costruire fiducia e credibilità.
  4. Monitorare e adattarsi: Le banche dovrebbero monitorare costantemente l’efficacia delle loro strategie di comunicazione e adattarle in base alle esigenze e ai feedback dei diversi stakeholder.
  5. Formare e supportare i dipendenti: I dipendenti delle banche, in particolare quelli che interagiscono direttamente con i clienti, dovrebbero essere formati e supportati nel comunicare in modo chiaro, preciso ed empatico.

Sembra però che – mediamente – la direzione intrapresa sia esattamente all’opposto.

 


 

 

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Kim Dotcom è lo pseudonimo del pirata informatico e imprenditore tedesco Kim Schmitz. Pioniere della pirateria informatica, negli anni è stato condannato più volte per hacking, insider trading e aggiotaggio; tuttavia il suo nome è legato soprattutto a Megaupload. Nel gennaio del 2012, infatti, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha sequestrato il sito di file sharing e ha identificato D. come il proprietario del dominio (che comprende anche Megavideo e Megaporn), accusandolo di frode; avrebbe violato diritti d’autore su musica e film, danneggiando i detentori dei copyright per un totale di mezzo miliardo di dollari. In attesa dell’estradizione, D. è agli arresti domiciliari nella sua casa di Auckland (Nuova Zelanda); nel luglio del 2012, però, ha dichiarato (su Twitter) di essere disposto a costituirsi alle autorità statunitensi se queste si impegnano a sbloccare i suoi beni e a concedergli la libertà provvisoria. L’intera vicenda ha suscitato clamore e reazioni contrastanti; se in molti sostengono il Dipartimento di Giustizia, altri lo condannano duramente. Tra questi ultimi vanno annoverati non solo i milioni di utenti che ogni giorno scaricavano contenuti dal sito, ma anche alcuni grandi nomi della musica e gli hacker di Anonymous (che per rappresaglia hanno attaccato diversi domini istituzionali statunitensi). 

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